Stefano Calderoni confermato alla guida dell’associazione

L’assemblea elettiva di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara, che ogni quattro anni elegge i suoi organi di rappresentanza, ha scelto di riconfermare Stefano Calderoni alla presidenza dell’associazione nella splendida cornice dell’Ex Teatro Verdi di Ferrara. Si tratta di un forte atto di fiducia e di stima per l’imprenditore quarantenne, che avrà il difficile compito di guidare Cia Ferrara in un periodo davvero complesso per il settore agricolo e per l’intero tessuto economico e sociale del territorio.
Al centro dell’assemblea, infatti, i temi più rilevanti per il mondo agricolo, discussi dagli ospiti – Herbert Dorfmann, europarlamentare, Mino Taricco deputato, Simona Caselli, presidente di Areflh e Dino Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani – nel corso della tavola rotonda “Situazione internazionale, aumento dei costi e nuova Pac Quali prospettive per il settore agricolo?” e ribaditi dal presidente nel suo discorso d’insediamento.
“Voglio ringraziare, per prima cosa, gli agricoltori di Cia Ferrara per la fiducia che mi hanno nuovamente accordato e che spero, naturalmente, di non deludere – ha detto Stefano Calderoni in apertura. L’assemblea di oggi si svolge in uno scenario politico e umano impensabile solo fino a qualche anno fa: dopo una pandemia che ha cambiato letteralmente il volto del mondo in cui viviamo, siamo davanti alla tragedia di una guerra “europea” che ci scuote nel profondo. La nostra associazione ha come valore fondante quello della democrazia e voglio ribadire che la non-violenza è per noi l’unica strada da perseguire in Europa e nel mondo. Come sappiamo il conflitto sta ulteriormente aggravando l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici. Una condizione che non solo conosciamo bene, ma che ormai viviamo sulla nostra pelle: come agricoltori perché il costo dei concimi per i cereali è triplicato, il gasolio è più che raddoppiato così come le plastiche usate in orticoltura; come famiglie perché i rincari delle bollette sono ormai fuori controllo.
Molti sono in difficoltà, ma immaginate un pensionato agricolo con una pensione di cinquecento euro che si vede arrivare una bolletta del gas da mille. È ovvio che fare agricoltura e vivere dignitosamente in queste condizioni non è più possibile. L’aumento degli oneri produttivi e, non dimentichiamolo, i cambiamenti climatici – ricordo che non piove da cento giorni – sta già influendo pesantemente su alcuni comparti. La nostra frutticoltura non consente più alle aziende di avere un reddito: vuoi per la mancata produzione dovuta a clima e fitopatologie, vuoi per i prezzi speculativi o per l’aumento sconsiderato di manodopera e costi produttivi, il bilancio finale è sempre al di sotto dello zero. E poi c’è la zootecnia che, con l’aumento del mais in primis, sta subendo un contraccolpo devastante tanto che in alcuni casi estremi si è arrivati ad abbattere le vacche gravide. Uno scempio impensabile, ma che fotografa perfettamente la situazione del nostro agroalimentare. In questo contesto si sta definendo in Europa la nuova Pac, la politica di sostegni europea che dovrebbe valorizzare il settore agricolo e che invece non sostiene ma pretende, con vincoli e parametri surreali. In particolare imporrebbe l’obbligo di ridurre, entro il 2030, il 20% dei concimi e quello di avere il 25% di superficie coltivata a biologico. Una Pac “per sottrazione”, che nasce drammaticamente vecchia, con richieste che nella pratica ridurrebbero ancora i margini di manovra e il reddito delle aziende. È evidente, dunque, che servono azioni forti per cambiare, innanzitutto, il corso dell’approvazione di questa politica in Europa e, a breve termine, soluzioni strutturali per superare l’emergenza. Siamo soddisfatti dei 195 milioni di euro stanziati dal Governo per coprire i costi di produzione, sotto-forma di un credito d’imposta che copre il 20% dell’acquisto dei carburanti, ma speriamo siano solo i primi, soprattutto se la situazione internazionale non si stabilizzerà.
Noi agricoltori – ha concluso Calderoni – chiediamo solo di poter continuare a fare quello che sappiamo fare meglio: produrre cibo, tutelare l’ambiente, presidiare il territorio. In Italia e in Europa devono operare delle scelte e metterci in condizioni di lavorare e avere un reddito, anche per il rispetto delle nostre radici e per il futuro delle nuove generazioni”.