Le galline pascolano nell’Appennino modenese
Claudio Ferri
MONTESE (Modena) – Polli, anatre, faraone e oche allevate allo stato semibrado e in modo biologico. È l’attività di Andrea Dai Prà che a Montalto, piccola frazione di Montese, è fuggito dalla città per investire nella piccola frazione del comune di Montese, nell’Appennino di Modena.
Un percorso che non è più tanto inusuale perché sono numerosi i giovani che investono in agricoltura, anche come scelta di vita.
La casa di montagna del nonno, a Montalto appunto, è diventata la sua abitazione circondata da una decina di ettari, 3 dei quali a pascolo utili per il suo allevamento chiamato ‘il Vecchio Pollaio’. A poco più di ottocento metri di altitudine, immersa nei boschi di castagni tipici dell’appennino, Dai Prà produce anche i cereali destinati all’alimentazione del pollame, una filiera che si chiude anche con la trasformazione delle carni.
L’azienda agricola dispone infatti di un piccolo locale idoneo per la macellazione ed uno spaccio per la vendita diretta.
“Vivevo e lavoravo a Modena poi ho deciso di venire a vivere nella casa di montagna del nonno – racconta Dai Prà – e ho fatto la scommessa di investire in agricoltura. La dimensione del fondo e le caratteristiche dell’allevamento non mi consentono di andare oltre agli 8 mila polli all’anno per via degli spazi vitali. Il ‘semibrado’, per me, significa allevare a terra animali che hanno a disposizione 10 metri quadrati a testa di pascolo. Acquisto i pulcini che non hanno nemmeno 8 ore di vita ed inizio ad alimentarli con i nostri mangimi, prodotti con una formula che abbiamo sviluppato in azienda. È a base di cereali come orzo, girasole, sorgo e pisello proteico – spiega –, mentre utilizziamo meno mais e soia”.
Uno dei problemi in montagna è la predazione da parte di rapaci.
“Poiane, falchi e cornacchie sono sempre in agguato – precisa -, mentre per altri selvatici come volpi, faine e lupi ho recintato il pascolo, oltre ad essere ‘protetto’ da cani maremmani”. I polli arrivano a maturazione in 120 giorni, mentre per faraone, il prodotto di punta dell’allevamento, anatre e oche servono anche sei mesi per conferire alle carni equilibrio e sapore.
Anche nella cura degli esemplari vengono adottati accorgimenti particolari. “Abbiamo messo a punto una terapia che si adatta alla montagna, con prodotti naturali – osserva l’allevatore –, un sistema che contiene la mortalità e che non fa uso di antibiotici”.
Tra i pennuti allevati l’oca di Tolosa e la Romagnola, oltre che anatre mute. “A differenza dei polli – prosegue Dai Prà -, anatre o oche non rovinano la radice delle essenze su cui pascolano, occorre quindi fare attenzione all’avvicendamento dei prati”.
L’allevatore si è costruito il mercato in autonomia e si rivolge a privati, gruppi di acquisto ed alla ristorazione.
“I tempi lunghi di maturazione ed i costi più alti che sostengo comportano l’alienazione dei miei prodotti a prezzi più elevati, ma di qualità – dice -. Nel periodo del lockdown non mi sono fermato e, pur dovendo fare i conti con il calo dei consumi, ho investito nella catena del freddo ed ho iniziato a trasformare le carni producendo anche tipi di ragout che ho chiamato ‘ragout da cortile’ – conclude – usando ricette deri nostri nonni.”