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“Grano amaro” la manifestazione organizzata da Cia, Confagricoltura e Copagri dell’Emilia Romagna

Bologna luglio 2016 – Venticinque anni fa il frumento valeva 30.000 lire, gli attuali 15 euro, più o meno come le quotazioni di oggi del cereale più diffuso: troppo il divario tra costo del frumento, pane e pasta

“I ricavi del grano mandano in rosso il reddito degli agricoltori quando, mai come quest’anno, i frumenti presentano un’alta qualità, con proteine elevate, ottimo peso specifico. Inoltre – hanno spiegato Cia, Confagricoltura e Copagri dell’Emilia Romagna ai consumatori davanti al teatro Testoni di Bologna nel corso dell’iniziativa chiamata grano amaro – questa situazione produrrà un drastico calo delle prossime semine. Chi potrà poi vantare la tradizione e la qualità di pasta, pane e prodotti italiani a base di cereali quando questi non ci saranno più?” “Cento chili di frumento valgono, al mercato attuale, meno di 7 chili di pane: una situazione insostenibile, contro la logica delle cose, che non può nemmeno lasciare indifferenti i consumatori di fronte ad una tale distorsione dei mercati che vede danneggiati gli agricoltori in primis”.

Cia – Agricoltori Italiani, Confagricoltura e Copagri dell’Emilia Romagna commentano quindi amaramente la situazione del comparto cerealicolo, che a tutt’oggi assiste a quotazioni del frumento tenero sui 16 euro al quintale e quello duro valutato 19 euro. Il valore medio 2015 del frumento tenero panificabile è stato di 200 euro a tonnellata, per il duro 336 euro e l’orzo 180 euro a tonnellata (quotazioni Borsa Merci Bologna). “È inoltre una annata con un raccolto soddisfacente nella media ed è per questo che abbiamo dato vita a ‘Grano amaro’ e che abbiamo realizzato in tutte le provincie dell’Emilia Romagna per far capire alla cittadinanza il nostro disagio e far conoscere la situazione critica dei cereali, nonché mettere in evidenzia il divario tra costo del frumento, pane e pasta. Una forbice che non è mai stata così ampia: questo danneggia tutta la filiera produttiva a partire dai produttori che non hanno più reddito da cereali. Venticinque anni fa un quintale di frumento valeva circa 30.000 lire, gli attuali 15 euro. Se si fanno le debite proporzioni c’è stato una perdita di valore che non ha eguali in altri prodotti”. “Quello dei prezzi – concludono Cia, Confagricoltura e Copagri, è un problema serio e non si limita alle sole aziende agricole: il crollo del prezzo del frumento non ha portato alcun beneficio al consumatore. Serva una riflessione sull’intera filiera, non è possibile che i costi gravino solo su produttori e consumatori finali”.

“Occorrono – sottolinea Giordano Zambrini, presidente della Cia Agricoltori Italiani di Imola – idee, un progetto di filiera, una proposta alternativa da presentare ai consumatori per chiederne il sostegno al fine di interferire con queste manovre speculative sempre a vantaggio di pochi e che mettono sempre più in difficoltà l’anello debole della filiera. Questo potrebbe significare che, mentre cala il prezzo del frumento per gli agricoltori, cresce il prezzo del pane al consumo. Il tutto a vantaggio degli speculatori.Un’altra riflessione che vorrei fare, poi, è sulla OP Cerali. Dove è finita? Una gran parte di cereali in Emilia Romagna arriva nei consorzi Agrari, coop Progeo, Terremerse, Cesac ecc. Sarebbe interessante sapere, da chi dirige queste strutture, il loro parere sulla situazione e come pensano di affrontarla per garantire redditività ai propri associati. Su questo tema è mia ferma volontà confrontarmi con giunta e direzione della Cia di Imola per poi intraprendere percorsi condivisi e deliberati”.

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